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L'ASTRATTO  PUNTA ALLA RIBALTA




Che la freddezza geometrica sia di nuovo nell'aria dell'arte non c'è dubbio. Lo hanno testimoniato i grandi del padiglione francese alla Biennale, severamente "rigati" da Daniel Buren, e i quadri astratti di Armleder presso il padiglione svizzero. Lo testimonia il recupero, da parte dei galleristi d'avanguardia, di autori come Olivier Mosset o il nostro Castellani; lo ribadisce, rimanendo nel campo degli autori italiani, la riscoperta internazionale di Fontana e il nuovo successo di mercato che arride a Dorazio. Già dalle importanti fiere di Basiliea e Zurigo, tenutesi nella primavera scorsa, si era notato l'ingresso timido ma tenace di un nuovo corso anche tra i giovani artisti. Il recente incontro dei galleristi a Colonia ha confermato che è giunto alla ribalta una tendenza di impronta astrattista, destinata non solo ad evidenziarsi sempre più, ma anche a trascinarsi dietro una rinnovata attenzione per i maestri dell'arte raggelata e ani conica (non rappresentativa).

Con il senno di poi, si capisce che era prevedibile un "ritorno all'ordine" subito dopo il lungo regno della transavanguardia e del neoespresionismo, con la loro pittoricità. Anche gli artisti andavano rivelando il bisogno di lavorare seguendo un'etica dura, abbandonando l'impulsività e meditando maggiormente le opere; i motivi di ciò credo esulino, almeno in parte; dal campo delle  necessità mercantili e abbiano radici in un ambito onestamente culturale: i turbamenti tecnologici e atomici che scuotono l'occidente a recuperare la ragione.

Naturalmente un ripescaggio, dunque, dell'avanguardia storica che da Kandinski, a Mondrian, a Malevitch, si era più delle altre impegnata in questioni di carattere congiuntamente morale, razionale e formale. Di nuovo, oggi, rispetto ai grandi risultati raggiunti dagli astrattisti degli anni Dieci e Venti c'è la traccia evidente lasciata nei lavori dalle esperienze del secondo Novecento:op art e concettuale, anzitutto, cioè le tendenze che hanno diretto l'opera secondo un'orchestrazione analitica e geometrizzante.

Lucido e tempestivo è stato allora il gesto di Flavio  Caroli, che nell'ambito della serie di mostre Besanoattanta, ha inserito una collettiva sul tema delle nuove geometrie. Anche il suo testo in catalogo è chiaro, e con abile sintesi spiega e analizza il fenomeno. E un peccato che la mostra deluda le aspettative create; forse per difficoltà dovute alla reperibilità dei pezzi, forse per altre carenze le lacune nella rosa dei nomi e nel rigore sono molte.

Anche se ormai la tendenza ha diffusione internazionale, è nata quasi contemporaneamente in Europa e in America non senza notevoli differenze di accenti. Ma la mostra su questo non è esplicita: dov'è il gruppo di Vienna, il primo nato, stretto non solo intorno a Graf, Vana e Kowantz (presenti) ma anche a Dunst, Caramelle, Pichler, l'ormai notissimo Rockenshaub (assenti)? Dov'è la schiera dei newyorkesi, molti dei quali east-villagers dal recente passato surrealista, con Taaffe, Schuyff, Halley in prima fila? (Di queste ultimo alla Besana si cercavano i quadri, che sono presenti in catalogo, ma non sui muri dove non sono comparsi.Dov'è la scuola svizzera e tedesca, rappresentata in primo luogo da Federle e Armleder? Mettere insieme Cheverney e Alessandro Mendini, Zobernig e Giovanni Asdrubali in modo almeno apparentemente casuale non rende certo ragione di un fenomeno meno superficiale di quanto possa sembrare della Rotonda si esce posando che questi artisti, abbiano poco da dire e che, in fondo, le loro idee siano confuse e vecchie.


 











































Angella Vettese








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